Se è vero che da tempi immemorabili la povertà significa ” la condizione di chi è privo di sufficenti mezzi di sussistenza o ne ha in maniera inadeguata”.
E’ altrettanto vero che le tipologie  della povertà variano in ragione dei tempi e dei luoghi in cui gli individui e le collettività soffrono di questa condizione: la nuova povertà che oggi affligge tanta parte del nostro paese è infatti diversa da quella della nostra passata civiltà contadina.
La povertà dell’Italia di oggi, che ormai si va configurando come una vera e propria emergenza, è una realtà inedita per l’occidente del cosi detto ” benessere diffuso” , si annida in ogni ceto sociale e presenta mille volti diversi; quello del padre di famiglia che viene licenziato in un’età ancore relativamente giovane, ma ancora non può percepire la pensione e nemmeno sperare in un’altra attività  ” troppo vecchio” ; quello del dirigente dell’azienda che chiude o che ristruttura o che deve ” razionalizzare”, per il quale è praticamente impossibile ” riciclarsi” in altro ruolo costretto insieme alla famiglia, a rinunciare non solo all’agiatezza ma alla stessa idea di sicurezza o tranquillità economica acquisita ; quello dei coniugi separati o divorziati, che perdono casa e soccombono sotto il peso degli assegni di mantenimento; quello delle giovani coppie, che rinunciano al sogno di mettere al mondo figli perchè temono di non poterli mantenere ; quello degli ” eterni adolescenti”, costretti a campare alle spalle dei genitori e dei nonni; quello degli anziani, che si nutrono poco e rinunciano alle cure perchè costose.
Quanto possa diventare insopportabile e straziante il carico di disagio, di fatica, di ansia, di angoscia e di solitudine cui sono sottoposte queste persone , possiamo facilmente immaginarlo, anche perchè la cronaca spesso ne registra negli esiti tragici sotto forma di violenza verso se stessi e verso gli altri, messaggi drammatici che però non trovano il dovuto ascolto  da parte di chi, dovrebbe farsene carico e fornire risposte. vediamo purtroppo l’inadeguatezza della politica , a partire dal governo nazionale, regionale, comunale e di quartiere, dell’economia , della stessa società troppo ripiegata su se stessa e preoccupata della sua precarietà .
